Uno dei motivi che mi portano ad utilizzare e trasmettere la Metodologia dell’Espressione corporea di Susanne Martinet nell’ambito in cui opero (scolastico e socio-sanitario) è la sua prospettiva pedagogica/la sua valenza educativa e formativa. Grazie ad una ricca gamma di esperienze motorie, espressive ed emozionali – individuali, a coppie, a piccoli gruppi o con l’intero gruppo –, si viene a creare un ambiente che facilita e favorisce lo sviluppo umano, mentale ed artistico della persona in quanto sollecita la ricerca, la creatività personale, la flessibilità cognitiva e affettiva, l’accettazione dell’altro e della sua diversità, la collaborazione e la socializzazione nel gruppo.
Con questa metodologia si lavora sulla libertà del movimento e sul limite - i propri limiti (fisici, psicologici, mentali) e quelli dell’altro (persone, gruppo, oggetti/materiali, ambiente/spazio/tempo) -, insegnando che i “limiti” diventano uno strumento formativo quando impariamo ad ascoltarli, ad accettarli, a conoscerli, a prenderne coscienza, a conviverci, a superarli, a considerali un’opportunità di crescita, di creatività e di espressione, perché ci portano ad incontrare e a trovare “altre vie”, altri modi di “relazione e comunicazione” rispetto a quelli già noti. La cosa che sorprende, quando questo accade, è il rendersi conto che queste “nuove” possibilità/potenzialità le abbiamo già tutte in noi.
Si tratta dunque di un approccio che rispecchia la logica maieutica, il cui obiettivo è quello di “tirare fuori, portandolo alla luce, ciò che apparentemente è nascosto” e di “condurlo fuori per essere svelato a se stessi, altrove”, nell’aperto di un incontro con il nuovo, con l’ignoto, con il misterioso, con l’Altro.
